CHI SONO
(cosa potrei dire di me?)
“Mi sembra che la cosa più intelligente sia quella di rivedere la propria biografia sottolineando certi tratti e generalizzando. Annotare insomma certe associazioni d’idee (lo si può fare bene solo su se stessi) e correggere quindi appena di quel tanto, dando il titolo, alterando lievemente il tutto: ecco l’arte. Soltanto l’indifferenza ne assicura l’eternità.” (Francis Ponge)
Mio padre aveva in tasca il biglietto, bordo ring, per la finale olimpica ma mia madre ebbe le doglie: vide nascere me e seppe di Nino Benvenuti medaglia d’oro soltanto il giorno dopo.
Quando ho imparato a leggere la televisione era in bianco e nero, non esisteva il web e dopo “Carosello” si andava a letto. Tranne lo sbarco sulla luna, Italia Germania 4 a 3, qualche sceneggiato. Per anni sul comodino ho avuto Stevenson, Verne, Dumas, Salgari: è incredibile quanti libri ha scritto con Sandokan e i pirati (e li ho letti tutti). Mi piacque molto Pinocchio (il mio era un librone illustrato da Iacovitti e lo ho ancora) mentre il libro Cuore fu il primo libro della mia vita ad essere abbandonato.
Comunque casa mia era piena di libri e fu semplice appassionarmi a qualche Urania di mio padre o a qualche buon giallo Mondadori e presto trovarmi tra le mani la bella letteratura italiana e straniera per arrivare all’epoca dell’università con un bel bagaglio di Pavese, Sciascia, Pratolini o Hemingway e tantissimi altri già letti e amati.
Un severo atteggiamento educativo della seconda moglie di mio padre (mia madre morì prima che compissi mezzo anno) mi portò ad una notevole capacità ad inventare storie. Le inventavo anche quando non era necessario, giusto per tenermi allenato. Buone letture e inventiva: è da lì che ho iniziato a scrivere.
Negli anni ’80 sono diventato Architetto e, oltre ad esercitare la professione, mi sono dedicato all’insegnamento del Disegno e dell’Arte, ho scritto meno ma per un bel periodo ho dipinto. Olio su tela.
Nel 1994 è nato mio figlio (ad oggi il mio successo più grande).
Dal novembre del 1998 sono diventato un dipendente dello Stato ed ho smesso di fare l’Architetto. Non di esserlo: se sei Architetto, come se sei Scout (e lo sono), lo sei per tutta la vita.
Avere smesso di dipingere invece mi ha dato più convinzione nello scrivere.
Quando ho cominciato a scrivere le prime cose ero un ragazzo e potevo sognare, con buona autoironia, di presentare un mio best-seller al “Maurizio Costanzo Show”; adesso sono un uomo che scrive da oltre venticinque anni e non voglio fare il personaggio dello scrittore ma soltanto scrivere. La distinzione è importante e riguarda non solo l’atteggiamento esteriore, il pavoneggiarsi o il sentirsi chissacché ma anche e soprattutto il fatto di concentrare le proprie energie (letterarie) sull’esercizio della composizione e non avere nulla a che fare con le numerose attività collaterali alla scrittura stessa. Non sono e non voglio essere editor (dopo il primo libro ho pagato una bravissima), promoter, pubblicitario, agente, editore, addetto stampa, opinionista, maestrino, tronista, imbonitore e un sacco di altre cose.
Ho solo voluto scrivere storie che venissero lette.
Campando d’altro posso scrivere secondo coscienza e prendermi il gran lusso di non dover scendere a patti con nessuno che non sia chi mi legge. Il lettore che acquista i miei libri ne è il proprietario: ha parte di me e sono pronto a dargli ogni spiegazione e soddisfazione (alle sei di mattina dietro il Convento delle Carmelitane scalze; a lui la scelta dell’arma).
"Non sei fregato finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla".
In questa frase tratta de Novecento di Alessandro Baricco c'è tutto quel che mi sento di premettere se parlo del mio scrivere e del mio ostinarmi a proporre le storie che scrivo.
Molto tempo fa un mio caro amico, volendo definire scherzosamente il mio modo di scrivere, mi ha definito uno storyteller e a me sta bene.
“Mi sembra che la cosa più intelligente sia quella di rivedere la propria biografia sottolineando certi tratti e generalizzando. Annotare insomma certe associazioni d’idee (lo si può fare bene solo su se stessi) e correggere quindi appena di quel tanto, dando il titolo, alterando lievemente il tutto: ecco l’arte. Soltanto l’indifferenza ne assicura l’eternità.” (Francis Ponge)
Mio padre aveva in tasca il biglietto, bordo ring, per la finale olimpica ma mia madre ebbe le doglie: vide nascere me e seppe di Nino Benvenuti medaglia d’oro soltanto il giorno dopo.
Quando ho imparato a leggere la televisione era in bianco e nero, non esisteva il web e dopo “Carosello” si andava a letto. Tranne lo sbarco sulla luna, Italia Germania 4 a 3, qualche sceneggiato. Per anni sul comodino ho avuto Stevenson, Verne, Dumas, Salgari: è incredibile quanti libri ha scritto con Sandokan e i pirati (e li ho letti tutti). Mi piacque molto Pinocchio (il mio era un librone illustrato da Iacovitti e lo ho ancora) mentre il libro Cuore fu il primo libro della mia vita ad essere abbandonato.
Comunque casa mia era piena di libri e fu semplice appassionarmi a qualche Urania di mio padre o a qualche buon giallo Mondadori e presto trovarmi tra le mani la bella letteratura italiana e straniera per arrivare all’epoca dell’università con un bel bagaglio di Pavese, Sciascia, Pratolini o Hemingway e tantissimi altri già letti e amati.
Un severo atteggiamento educativo della seconda moglie di mio padre (mia madre morì prima che compissi mezzo anno) mi portò ad una notevole capacità ad inventare storie. Le inventavo anche quando non era necessario, giusto per tenermi allenato. Buone letture e inventiva: è da lì che ho iniziato a scrivere.
Negli anni ’80 sono diventato Architetto e, oltre ad esercitare la professione, mi sono dedicato all’insegnamento del Disegno e dell’Arte, ho scritto meno ma per un bel periodo ho dipinto. Olio su tela.
Nel 1994 è nato mio figlio (ad oggi il mio successo più grande).
Dal novembre del 1998 sono diventato un dipendente dello Stato ed ho smesso di fare l’Architetto. Non di esserlo: se sei Architetto, come se sei Scout (e lo sono), lo sei per tutta la vita.
Avere smesso di dipingere invece mi ha dato più convinzione nello scrivere.
Quando ho cominciato a scrivere le prime cose ero un ragazzo e potevo sognare, con buona autoironia, di presentare un mio best-seller al “Maurizio Costanzo Show”; adesso sono un uomo che scrive da oltre venticinque anni e non voglio fare il personaggio dello scrittore ma soltanto scrivere. La distinzione è importante e riguarda non solo l’atteggiamento esteriore, il pavoneggiarsi o il sentirsi chissacché ma anche e soprattutto il fatto di concentrare le proprie energie (letterarie) sull’esercizio della composizione e non avere nulla a che fare con le numerose attività collaterali alla scrittura stessa. Non sono e non voglio essere editor (dopo il primo libro ho pagato una bravissima), promoter, pubblicitario, agente, editore, addetto stampa, opinionista, maestrino, tronista, imbonitore e un sacco di altre cose.
Ho solo voluto scrivere storie che venissero lette.
Campando d’altro posso scrivere secondo coscienza e prendermi il gran lusso di non dover scendere a patti con nessuno che non sia chi mi legge. Il lettore che acquista i miei libri ne è il proprietario: ha parte di me e sono pronto a dargli ogni spiegazione e soddisfazione (alle sei di mattina dietro il Convento delle Carmelitane scalze; a lui la scelta dell’arma).
"Non sei fregato finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla".
In questa frase tratta de Novecento di Alessandro Baricco c'è tutto quel che mi sento di premettere se parlo del mio scrivere e del mio ostinarmi a proporre le storie che scrivo.
Molto tempo fa un mio caro amico, volendo definire scherzosamente il mio modo di scrivere, mi ha definito uno storyteller e a me sta bene.